Scriviamo il futuro del Paese insieme ai giovani, partendo dal basso, ascoltandoli e aiutandoli a superare i fortissimi disagi patiti in quest’anno e mezzo di pandemia.
E’ quanto emerso dal convegno “Sos giovani: Prevenire è meglio che curare” organizzato dai senatori del MoVimento 5 Stelle Susy Matrisciano , presidente della Commissione Lavoro di Palazzo Madama, e Sergio Romagnoli con la partecipazione della ministra delle Politiche giovanili Fabiana Dadone , la sottosegretaria all’Istruzione Barbara Floridia il professor Ernesto Burgio, del gruppo Covid-Sipps (Società italiana di pediatria preventiva e sociale) e la professoressa Daniela Lucangeli, dell’università di Padova.
“Se dovessi scegliere una categoria da premiare in questa pandemia“, ha spiegato Matrisciano aprendo il convegno, “penso proprio che premierei gli adolescenti e i giovani in generale. Hanno pagato un caro prezzo. Dobbiamo imparare ad interpretare i messaggi che ci lanciano e a leggere nei loro comportanti segnali importanti che ci possano essere di aiuto a sostenerli e supportarli nell’affrontare le sfide del futuro. Siamo in debito con loro. La politica ha ancora molto da fare per loro, ma per intraprendere la strada giusta, la politica deve mettersi all’ascolto di tutti quegli scienziati che hanno speso la loro esistenza nello studio delle scienze evolutive e di tutte quelle discipline che oggi ci possono venire in supporto da genitori, da insegnanti, da educatori, da legislatori. Nel nostro Paese ci sono circa 2 milioni di ragazzi tra i 15 e i 29 anni che non lavorano e non studiano: i cosiddetti neet. Assistiamo a fenomeni come bullismo, cyberbullismo, atteggiamenti autolesionistici. Un sottobosco di disagi che abbiamo il dovere di affrontare, risolvere e prevenire. Oggi abbiamo una sfida enorme da vincere: il next generation Eu ci dà la possibilità di ridisegnare davvero il Paese, il futuro. Ma il futuro appartiene ai giovani e dai giovani dobbiamo ripartire. Come? Iniziando più percorsi: sicuramente intraprendere una strada che porti ad affrontare ed eliminare i disagi, a curarli, a prevenirli. E poi: accogliendo le richieste dei ragazzi stessi e spiegando loro cosa riserva il futuro anche portando nelle scuole il piano nazionale di ripresa di resilienza. Perché non si puo’ parlare di next generation Eu senza che i giovani siano protagonisti”.
E in questo senso, le ha fatto eco la ministra Dadone, “è necessario parlare di più sia di ragazzi, ma soprattutto con i ragazzi. In questo anno e mezzo ci sono fenomeni drammatici che si sono acuiti, per esempio i neet, i ragazzi che non studiano e non lavorano. In questo periodo è stato istituito un tavolo interministeriale: Salute per affrontare il disagio giovanile, Politiche per la Famiglia, Istruzione e Lavoro per fare un lavoro di coordinamento nelle politiche da mettere in atto. Perché in quest’ultimo anno e mezzo i ragazzi si sono sentiti in parte abbandonati. Dobbiamo dire ai nostri ragazzi che non sono soli, dobbiamo sostenerli e ricordare sempre che il mondo degli adulti c’è, è al loro fianco. Per fare questo dobbiamo usare anche canali poco istituzionali, anche per raccontare il recovery plan. E’ importante che il piano di ripresa e resilienza parta dal basso. Dobbiamo raggiungere i ragazzi nel loro mondo e nei loro spazi“.
Spazi in cui sicuramente la scuola gioca un ruolo fondamentale: “Dobbiamo fare una cosa importante per i nostri ragazzi – ha spiegato Floridia – : vederli, ascoltarli, coinvolgerli. Durante questa pandemia hanno sofferto molto, è aumentata la dispersione scolastica, le patologie dei più giovani. Per questo nel recovery c’è un miliardo e mezzo per interventi contro la dispersione scolastica ed entro il 2026 abbiamo l’obiettivo di avvicinare e formare più di 800 mila ragazzi. Abbiamo il dovere di aiutare quei giovani che definiamo neet con corsi specifici di orientamento e supporto. Importante è anche la formazione dei nostri docenti. La differenza nell’insegnamento la fa, oltre alla preparazione, anche la gioia e l’entusiasmo che il docente trasmette per catturare, accogliere e proteggere il bambino o il ragazzo che ha di fronte. Magari uno studente può non ricordarsi tutte le opere di Leopardi ma se avrà scoperto una passione, il piacere di leggere Leopardi la scuola avrà avuto successo“.
Un altro capitolo importante è quello del benessere psico-fisico per cui è necessario agire sulla prevenzione, dice il professor Burgio: “La scienza e la politica devono dialogare. Non basta curare i nostri giovani, dobbiamo prevenire e ridurre i rischi. E’ dall’inizio della vita che bisogna lavorare per il futuro: ci sono per esempio dei fattori di rischio ambientali che vanno risolti. Negli ultimi 40 anni abbiamo assistito a un aumento delle patologie croniche a partire dall’obesità – una persona su 3 negli Stati Uniti – con conseguente diabete giovanile, allergie, la celiachia. In questo senso i primi mille giorni di vita sono fondamentali. Respirare tutti i giorni aria inquinata, mangiare in modo scorretto, vivere in ambienti non consoni ha delle conseguenze sul nostro organismo. Sono conseguenze serie per questo è necessario intervenire sugli allevamenti intensivi, sui nostri stili di vita. E’ necessario insomma prevenire“.
Quindi, un aspetto fisiologico, a cui affiancare quello emozionale: “La pandemia – ha spiegato Lucangeli – ha solo accelerato processi già noti e altamente sensibili. Negli ultimi anni infatti le evidenze scientifiche hanno riportato un aumento preoccupante dei disturbi del neurosviluppo, un aumento della depressione precoce, un aumento dei disturbi dell’umore, dell’ansia e un aumento di nuove dipendenze, a partire dall’uso dei device, dei telefoni cellulari. Con uno stress incredibile. A questo bisogna porre rimedio, bisogna intervenire“.
Quello che è emerso oggi, ha concluso Romagnoli, “è l’inizio di un percorso. La pandemia ha messo in crisi le radici e il futuro della nostra società: anziani e giovani. Allora dobbiamo lavorare su più aspetti: da un lato rispondere alle necessità che ci pone la scienza tutelando il nostro ambiente, lavorando alla transizione ecologica. Dall’altro lavorare sul lato emozionale, intervenendo con supporti decisi da un punto di vista psicologico e relazionale. E in questo si inserisce anche il recovery plan che, partendo dalla scuola per arrivare alla sanità, ridisegnerà davvero il nostro Paese. A questo incontro ne seguiranno altri, coinvolgeremo anche i ragazzi, perché dobbiamo ridisegnare il futuro. Un futuro che obbligatoriamente deve essere diverso.